Dopo mesi e mesi di assenza dai riflettori, posso ben dire di tornare a scrivervi qualcosa di interessante. Ebbene sì, perché nonostante i più pensino che qui in Cina viva mille e una avventura, la realtà è che faccio una vita monota e noiosa, come vi avevo già detto qui. Quindi non vi scrivo così spesso quanto vorrei o vorreste.
Finalmente però, è successo qualcosa che valga la pena di essere raccontato. Vi racconterei della mia festa di compleanno fra birretta al parco e discoteca a Sanlitun passando dall’Aperitivo, ma ho firmato un Non-disclosure agreement con i partecipanti e quindi non posso rilasciare informazioni confidenziali. Invece vi posso narrare dell’ultimo fine settimana, che è iniziato con l’arrivo di Alberto e Stefano a Pechino direttamente da Cernusco sul Naviglio!
Alle 9.30 di venerdì mattina mi arriva un messaggio sul cell che mi avvisa che sono arrivati sani e salvi. Eravamo d’accordo che sarebbero venuti in metropolitana fino ad una stazione vicina a casa mia e che, essendo io al lavoro, Huanzi sarebbe andata a prenderli per le 10.30. Poiché mi parevano un po’ in ritardo sulla tabella di marcia gli ho scritto “quando salite in metro fatemi uno squillo che faccio partire la morosa da casa”, ma questo mex non venne mai recapitato. Così che ad un certo punto mi arriva una chiamata (internazionale) da Stefano, che mi dice: “noi siamo arrivati, ma non c’è nessuno a prenderci!” e allora scatta la chiamata alla fidanzata che era ancora a letto: “amore, questi non hanno ricevuto il mio mex e quindi sono già arrivati! COOOOOOORIIIIII!!!” Finalmente sani e salvi ci troviamo in un ristorante vicino casa a pranzare, e mentre io sono al lavoro loro vanno a farsi un giro al Lama Temple con Huanzi (loro infatti sono stati accompagnati, non come quella volta che ci sono dovuto andare da solo a ringraziare tutti i Buddha del circondario ed ho sbagliato metà delle cose che dovevo fare).
La sera andiamo tutti insieme all’Aperitivo, per festeggiare il compleanno di Nico (un altro amico italiano che vive qui in zona) e come regalo di compleanno gli porto una bottiglia di Sambuca, che ci versiamo di straforo da sotto il tavolo dentro ai bicchierini da limoncello, fino a che il cameriere non se la ride troppo per far finta di niente e ci porta anche dei bicchieri appropriati con cui berla.
Finito lì si va a ballare al Kokomo, ma dopo un “Tsamina mina, eh eh/Waka waka, eh eh” con un Irlandese di passaggio, non mi sento troppo bene e decido di uscire dal locale e mettermi a dormire sui PILOOOOOOOOOOOOOOOOOOONI accatastati lì fuori. Finché Alby e Ste non mi vengono a svegliare e si cerca di tornare corrompendo un poliziotto per farci portare a casa con la volante. Fallito questo primo tentativo, provo a contrattare con un guidatore di risciò, ma anche questo fallisce miseramente quando nel mezzo della contrattazione due tizie salgono sul risciò senza fare storie e questo se le porta via. Meno male che poi abbiamo beccato un taxi e siamo tornati così. Arrivato a casa mi butto nudo sul letto e mi addormento istantaneamente, così che la burla di Stefano di entrare in camera a cantare “Tsamina mina, eh eh/Waka waka, eh eh” viene contro-burlata dal mio sedere peloso in bella mostra, che lo fa scappare urlando. Questo mi viene raccontato il giorno seguente, dato che sono nudo in bagno a lavarmi i denti e Stefano apre la porta convinto che sia libero, beccandosi per la seconda volta in poche ore lo spettacolo peloso e narrandomi l’antefatto.
Si pranza e si va al Tiantan (Tempio del Cielo, dove ci ero già stato con Chen anni prima) a passare il pomeriggio, dove un po’ si visita e un po’ si gioca con un jianzi appena comprato (una sorta di volano che però si colpisce con i piedi). Alla fine ci si riposa nel parchetto e poi si prende un taxi per andare a mangiare l’anatra alla Pechinese, che è stata molto apprezzata.
La sera se ne va fra un giro a Gulou (la torre del tamburo), gli Hutong (le case tradizionali pechinesi) lì in zona e un paio di partite a biliardo e calcio balilla in un bar a Houhai. Tornati a casa c’è il giro di docce e la programmazione del giorno successivo: la gita alla Grande Muraglia.
Di tutti i 21.000 km che avremmo potuto visitare, abbiamo scelto di andare a Shuichangcheng, ovvero un pezzo in cui il muro passa attraverso un lago artificiale nei dintorni di Pechino. Non essendoci mai stati si è rivelata un’impresa niente male riuscire ad arrivarci, che ha incluso taxi, bus e camioncino abusivo per l’andata, ma noi eravamo forti della colazione a base di baozi e quindi ce l’abbiamo fatta! (in realtà ce l’abbiamo fatta soprattutto grazie a Huanzi, che se non ci fosse stata lei saremmo ancora a cercare la fermata del bus)
Una volta arrivati è scattato il momento pranzo al sacco e poi la circumnavigazione del lago e la disperazione derivante dalla scoperta che quella zona della Muraglia era in ristrutturazione… ma dato che i nostri eroi non sono abituati ad abbandonare le cose a metà, siamo saliti in un punto dove non c’era nessuno, e con grande soddisfazione ho fatto la pipì nel lago direttamente dalla cima del muro! Anche se devo ammettere che questa è solamente una mezza soddisfazione comparata al mio più ampio programma di fare il bagno nudo nel lago e “pescare le trote con il pisello”…
Il resto del pomeriggio se ne è andato fra corse folli di Stefano al grido di “motherfucker” e scalate dei pendii montuosi. Fino a che non siamo arrivati sotto ad una torretta appena ristrutturata dove due simpatici muratori cinesi ci hanno sussurrato sottovoce: “se volete potete usare la nostra scala e salire sulla muraglia”. Detto fatto. Purtroppo altri muratori meno simpatici a cui ho chiesto “possiamo passare di qui?” ci hanno risposto: “nuooooooooooo” (giuro, il tizio ha proprio detto “nuooo” con la ‘u’ nel mezzo!!) e quindi poi siamo tornati sui nostri passi non prima di aver scattato la foto in allegato.
Altra partita a jianzi mentre aspettavamo il bus delle 16.30, che è arrivato spaccando il secondo e che ha fatto scoprire ad Alby e Ste che cosa significa veramente quandi dico che “in Cina vige la legge del più forte”. Infatti appena le porte del bus si sono aperte la gente è impazzita ed è salita gridando e spintonando come degli unni a cavallo e noi siamo rimasti in piedi per la seguente ora e mezza di viaggio. Arrivati in città abbiamo cambiato bus e siamo riusciti a prendere gliultimi 4 posti disponibili. Altra ora e passa per arrivare a casa, con annessa dormita e sauna sul bus, e finalmente siamo arrivati giusto in tempo per agguantare al volo il pony express che ci doveva consegnare i biglietti aerei per Guilin, prossima tappa turistica dei ragazzi. Tiriamo su due ombrelli e andiamo a mangiare nel ristorante sotto casa, dove ci abbuffiamo di vongole, fagiolini, pesci fritti e patate fatte a fettine e cotte in pentola. Per finire arriva “il dolce”: i miei adorati huangjin mantou, ovvero dei paninetti fritti con annessa ciotola di latte condensato. Riscuotono un così grande successo che si opta per una seconda porzione che viene spazzolata nel giro di 2 minuti nonostante le mie dichiarazioni di pienezza e incapacità a deglutire un qualsiasi altro boccone di cibo. Quando poi abbiamo chiesto il conto, Stefano è rimasto incredulo del fatto che avessimo mangiato come degli animali e pagato 5 euro a testa… finalmente siamo rientrati a casa e dopo un giro di docce ci siamo tutti buttati a letto per il nostro meritato riposo.
Il lunedì è giornata lavorativa per me e quindi resto in ufficio a lavorare mentre Huanzi è occupata a fare colloqui di lavoro e quindi Alby e Ste girano per Pechino finalmente da soli, come dei veri ometti. Seguono il mio consiglio di prendere la metro fino a Qianmen, la porta/torre a sud di piazza Tian’anmen, farsi la piazza, la Città Proibita, la collinetta di San Siro e il Parco del Beihai, giro che ho fatto anche con i miei genitori al seguito quando sono venuti a trovarmi. I ragazzi tornano a casa verso le 18.30 e ammettono istantaneamente che hanno capito che cosa significa girare in Cina senza sapere il cinese, ma io so che quello che li aspetta nelle prossime città sarà ben peggio (soprattutto quando dovranno comprare i biglietti del treno). Inoltre son stati istantaneamente fregati nella bettola in cui hanno mangiato un paio di piatti di spaghetti e una bottiglia d’acqua per la modica cifra di 40 yuan… così a orecchio direi quasi il doppio di quanto avrebbero dovuto pagare.
La sera andiamo al Nanjing Dapaidang, un ristorante con cucina tipica Nanchinese all’ultimo piano di un centro commericale. Lì ci sfondiamo di Xiaolongbao (Baozi ripieni con anche il brodo che spesso causano la morte papillare se non lasciati raffrettare a dovere), Guotie (Jiaozi fritti) e altri mille piatti ordinati da Huanzi.
Dato che siamo oggettivamente pieni da scoppiare ci facciamo una bella camminata di circa mezz’ora per arrivare a casa, ma nonostante la pienezza in stadio avanzato Alby propone di fermarci a prendere una porzione di Huanjin Mantou della sera prima… proposta che viene scartata all’umidità (leggasi: unanimità) e controprosta di uccidersi d’anguria a casa.
Finita l’anguria, finita la festa. Giro di docce e rivaligiamento, seguito da tanta nanna.
Questa mattina poi tutti svegli alle 8, chi elegantemente vestito e chi con lo zaino in spalla, salutandosi con un “ci vediamo fra due settimane”, e ognuno si dirige verso il proprio destino.
[…] Appena arrivati in Cina, no problem: tu e Huanzi ci avete fatto da guida in modo talmente convincente che ci siamo illusi che non sia poi così complicato comunicare. Va be, dai..ce la caveremo. […]
[…] i cinesi sono gente semplice e quindi si lasciano andare alla più basilare delle regole naturali: il più forte comanda. Ovviamente questa regola, trasposta sulla strada è: più grande sei e più ragione hai. Al fondo […]
Non è che quello che ha detto NUOOO era bergamasco?
Da parte di madre, forse.