Scorcio di Pechino: le baracche ai piedi dei grattacieli

Scorcio di Pechino: le baracche ai piedi dei grattacieli

No, non voglio parlarvi del famoso gruppo musicale.

Come avete visto dalla precedente mail, oggi sono particolamente propenso a parlare di argomenti seri, e mi lancio in due mail in questa settimana. La minaccia si concretizza con 7 giorni di ritardo, come Samara.

In tempi non sospetti, quando la Cina era ancora lontano dai miei pensieri, ricordo di aver visto un documentario che parlava di come le città cinesi si stessero ingrandendo a dismisura e stessero inglobando le campagne. Allo stesso tempo vi era una netta differenza fra chi aveva una carta d’identità “campagnola” e una cittadina, con un vero problema scaturito dal fatto che i contadini erano ormai all’interno della città che gli aveva mangiato via i campi e tutta l’altra orda di migranti che dalle zone rurali si spostavano nell’urbe per lavorare e creavano una pressione enorme sui bordi cittadini.

Tutte cose che sembravano impensabili ed inimmaginabili, e che una volta che atteri in questo lato del mondo ti aspetti di trovare e invece non sai neanche dove cercare. Ma la verità non è che erano solo delle gran palle televisive montate e gonfiate per far notizia, bensì è tutto dato dal fatto che se vivi nel tuo mondo e sei ingabbiato dai confini che gli urbanisti e i tuoi modi di vivere ti creano non potrai mai vedere questa realtà.

Prendere la metropolitana per andare sempre nei soliti posti, oppure vedere la città solo dietro al vetro di un taxi non ti fa apprezzare veramente ciò che c’è attorno a te o che è semplicemente dietro l’angolo. Durante il mio ultimo giro in bici ho invece vissuto in pieno quello di cui avevo sentito parlare in TV anni prima. Ci ero già passato da quella strada, ed ero andato dritto. Invece settimana scorsa ho girato a sinistra un po’ perché ero curioso e un po’ perché ero assetato e pensavo di poter trovare un baracchino che mi vendesse una bottiglia d’acqua. Beh, la strada asfaltata da quattro corsie ha lasciato posto ad un vicolo sterrato pieno di buche e sassi. I palazzi da venti e passa piani sono diventati costruzioni basse e grasse da massimo un piano e mezzo. Le automobili onnipresenti sono sparite in favore di motorini e bimbi appiedati. Ho anche trovato un piccolo minimarket, ma ero troppo impegnato a guardare uno spazzino rovesciare il contenuto del suo carretto, fatto di sacchetti di plastica contenente monnezza varia, in un piccolo spiazzo di fronte ad una casetta senza porta e senza finestre. Questa costruzione era completamente annerita dalle fiamme ed ho realizzato che lì accumulano la spazzatura per poi bruciarla. Altro che inceneritori o termovalozzitori contro cui ci si scontra in Italia, qui avviene tutto senza un minimo di protezione e a due metri scarsi dalla porta di casa, disperdendo nell’aria ed inalando dalle narici nere fumate di monossido di carbonio e chissà quale altra schifezza.

Ho continuato la mia discesa fra gli occhi increduli dei passanti, che probabilmente non hanno mai visto uno straniero da quelle parti, per finire in riva ad un canale mezzo asciutto e mezzo pieno di monnezza, dove la gente si metteva a pescare animali a tre occhi e sette zampe da portare a casa e fare allo spiedo, magari sul fuoco di spazzatura di cui sopra. C’è anche chi vende del cibo su delle bancarelle improvvisate che quasi bloccano il passaggio su un ponticello minimo. Io continuo a pedalare in riva al “naviglio”, fino poi ritrovarmi all’improvviso su una strada principale.

Il tutto è durato si e no una decina di minuti, ed è comparso velocemente come è scomparso. Ho assaporato appieno un angolo di realtà che Pechino ha cercato si nascondere sotto il tappeto della ricchezza incalzante e della crescita economica a ritmi vertiginosi, e tutto quello che ho appena visto è sparito come se non fosse mai esistito.

Perché alla fin fine i poveri non esistono per nessuno, anche se abitano appena al di là della strada.