Bene figlioli,
Vi sto tempestando di email, ma è solo perché mi voglio far perdonare per tutti mesi passati senza scrivere nulla. Sono stato un monello.
Notate bene che in questa mail ci sono seminati un sacco di link a pagine che spiegano meglio di me quello che vi sto narrando e li ho inseriti in modo tale da soddisfare le vostre curiosità. Quindi fatemi un favore: clikkatele e leggetele.
Questa mail è il diretto seguito di “Gita in bici a Lugou Qiao”, e ciò di cui vorrei parlarvi condivide lo stesso prologo: il ponte.
Come già vi ho detto, il nome del museo 抗日战争纪念馆 mi aveva fatto scattare qualche ricordo, ma non riuscivo veramente a dargli dei contorni definiti. Così che quando mi sono messo a scrivere la prima mail, ho deciso che mi sarei dovuto documentare un po’ sul ponte, ma soprattutto su ciò che vi accadde nel secolo scorso.
Capirete quindi la mia sorpresa quando leggendo qui, ho trovato scritto a chiare lettere: “卢沟桥事变”(亦称“七七事变”). Mi si è infatti accesa una lampadina grossa come una mongolfiera, e ho realizzato solo in quel momento che ero stato sul famosissimo ponte di Marco Polo e ho avertito un brivido di consapevolezza lungo la schiena.
Sono sicuro che in questo momento i miei colleghi sinologi sono tutti a bocca aperta a dire “noooooooooooooooo”, mentre tutti gli altri sono a bocca aperta a dire “eeeeeeeeeeeeeeeh??”.
Cercherò di porre una pezza nella grave ingoranza nei riguardi della storia cinese, che pervade i più. Il suddetto ponte di Lugou, altrimenti ribattezzato “ponte di Marco Polo” senza che abbia la più pallida idea del perché, fu sede del cosiddetto “incidente del ponte di Marco polo”, in cinese “卢沟桥事变” o anche “七七事变”, ovvero incidente del 7 luglio (1937).
Questo “incidente” fu uno scontro armato fra le truppe cinesi che presidiavano il ponte, e le truppe giapponesi che si trovavano nelle vicinanze per una “esercitazione”. Vi sono ovviamente una miriade di versioni differenti riguardo come o cosa diede il via a questa scaramuccia a suon di pallottole, ma la versione (a mio avviso) più credibile è che i giapponesi avessero volutamente dato inizio al conflitto armato. Infatti, questo “incidente” è famossissimo nella cerchia dei sinologi, poiché fu il casus belli che diede inizio alla seconda guerra sino-giapponese.
Dovete infatti sapere che la Cina attraversò un periodo veramente buio a partire dalla prima guerra dell’oppio, fino alla fondazione della Repubblica Popolare Cinese da parte del Presidente Mao il primo ottobre 1949. Non che da quel momento fino al 1978 sia stato rosa e fiori… però almeno erano “solo” problemi interni, e non più guerre con tutte le maggiori potenze mondiali e al tempo stesso guerre intestine fra Kuomintang (partito nazionalista) e Partito Comunista.
Dopo pochi mesi dall’inizio della guerra, nel dicembre del 1937, l’esercito giapponese arrivò finalmente a Nanchino, dove compì uno dei più atroci massacri della storia del genere umano, ma di cui pochi in occidente, ne hanno mai sentito parlare. Si stima che durante il cosiddetto stupro di Nanchino, siano state uccise circa 300mila persone fra militiari e civili, vennero commessi crimini impensabili e ad oggi il governo giapponese non abbia ancora riconosciuto le sue colpe riguardo questo episodio. Questo è uno dei motivi per cui i cinesi non vedono i loro vicini nipponici di buon occhio. Quando ero a Nanchino nel 2010, sono stato ben tre volte al memoriale di questo evento e vi assicuro che vale la pena di essere visitato, anche se quando si esce da lì ci si porta dietro una sensazione di forte oppressione, che entra nel profondo e non ti lascia facilmente.
Sulla seconda guerra sino-giapponese e sul massacro di Nanchino sono stati fatti molti film e scritti molti libri, ma la maggior parte sono (e restano) in cinese. Fra quelli tradotti in inglese (ma penso che ci siano anche in Italiano) personalmente mi sento di consigliarvi “i fiori della guerra”, diretto da Zhang Yimou e tratto dal libro di Yan Gelin: The 13 flowers of Nanjing, che avrei tanto voluto leggere ma non ne ho mai avuto l’occasione.
Oltretutto, forse non tutti sanno che anche in occasione di questo olocausto, c’è stato un Oskar Schindler anche da queste parti, ma il cui nome è John Rabe, un membro del Partito Nazista che lavorava alla Siemens di Nanchino e che grazie agli accordi stipulati fra Germania e Giappone riuscì a costituire un’area protetta, grazie a cui riuscì a salvare più di 200mila cinesi. Sappiate quindi che anche per lui e la sua storia vi è stato fatto un film, di cui consiglio la visione.
So che questi argomenti sono di non facile digestione, ma mi sembrava d’obbligo parlarne, poiché è davvero impossibile andare sul ponte di Luguo e non pensare a tutto ciò. Inoltre ritengo incredibile come degli avvenimenti del genere siano spesso tralasciati e sconosciuti alla maggior parte della gente, e che quando vengono studiati a scuola (SE vengono studiati) sono semplicemente relegati in un tafiletto di mezza pagina in mezzo a fatti che consideriamo più importanti.
Spero quindi di aver suscitato almeno un po’ di curiosità per questi fatti storici lasciati nel dimenticatoio, ma che hanno forgiato e plasmato il gigante cinese, di cui tutti parlano, ma di cui così in pochi “sanno”.
[…] Il giorno dopo lo passo con la mia adorata Huanzi a fare un giro a Panjiayuan, un posto di cui vi parlerò in una prossima mail, perché questa è già abbastanza lunga, ma a dire il vero ho solo scritto il prologo di ciò che vi voglio veramente raccontare. […]