Qualche mese fa ho partecipato alla fondazione dell’AGIC – Associazione Giovani Italiani in Cina, e attorno a luglio era stata inviata una mail ai soci riguardo la possibilità di vedere dei propri articoli pubblicati sul mensile dell’Ambasciata Italiana a Pechino: Italia in Cina.
Così mentre ero in Thailandia di fronte ad un mare bellissimo in cui non potevo fare il bagno perché pioveva in continuazione, ho scritto ben due articoli e li ho inviati a chi di dovere.
Verso fine mese mi arriva la telefonata di Giulia, impiegata alla CICC – Camera di Commercio Italia Cina nonché membro del consiglio dell’AGIC, che mi avverte che uno dei miei articoli verrà pubblicato in occasione della presentazione del bando Io Tarzan tu Cina. Bene.
Poi fra un impegno e l’altro me ne dimentico, fino a che settimana scorsa, in occasione della caccia al tesoro per scoprire l’Italia che è a Pechino, un ragazzo che è con me ad una tappa mi fa i complimenti per il mio articolo. Urka è vero! Sarà meglio che vada a cercarlo in internet e mi gongoli un po’.
Oggi, che ho avuto un po’ di tempo durante la pausa pranzo, mi son messo a spulciare in internet ed ho trovato il mio nome sul numero di ottobre in fondo a pag 92. Il problema è che questo articolo non è scritto da me, infatti voi che mi seguite da un po’ di tempo capireste subito che non è nè il mio stile di scrittura, nè il tipo di argomento che mi piace trattare, il risultato è che mi sono appropriato ingiustamente dei meriti che andrebbero conferiti ad altra persona.
E allora il mio articolo dov’è finito?
Ma sul numero di settembre a pag 57, tra l’altro con un nome leggermente errato.
Dai, bando alle ciance e buona lettura, spero vi piaccia!
Vivere all’estero ha i suoi pregi e i suoi difetti, ma se si è deciso di intraprendere questa via è spesso a causa di almeno uno di due motivi principali: il primo è una forza di attrazione verso il diverso, il nuovo; l’altro è invece la voglia di scappare dal proprio paese natio.
Purtroppo con la crisi economica che ha colpito il cosidetto “mondo occidentale”, sempre più persone applicano quella che da anni è stata definita la fuga dei cervelli, evento particolarmente sentito in Italia. Personalmente non mi sento un cervello in fuga, tanto per iniziare non mi sento un “cervello”, ma una persona normale, con i suoi pregi e difetti e senza un’intelligenza o delle capacità particolari specialmente sviluppate; e poi non mi sento neanche in fuga. Non sono fuggito da niente, io sono andato ad esplorare un mondo interessante come la Cina. La voglia di tornare in Italia in futuro la porto sempre con me, ma ora mi godo appiena la vita tra le rovine del Celeste Impero.
Questa è la differenza principale tra chi emigra per curiosità e chi per necessità. Ho sentito troppo e visto troppa gente lamentarsi di tutto quello che li circonda mentre sono a Pechino, o a Shanghai, o in qualsiasi altra città cinese. C’è assolutamente troppa gente che sputa nel piatto dove mangia.
Sono il primo a dire che il Pease di Mezzo ha molti problemi, non vado in giro con il paraocchi, ma il fatto è che a continuare a lamentarsi della gente che sputa per strada o che ti spinge in metropolitana non solo non si risolve il problema, ma addirittura ti fa vivere peggio di quanto potresti fare se invece accettassi il fatto che sei a ottomila chilomentri di distanza da casa, dall’altro lato del continente euroasiatico ed immerso in una cultura che, anche se non sembra più, ha più di cinquemila anni di storia. Se volevi vivere come in Italia, non dovevi andartene.
Ovviamente “casa” manca, e a volte manca molto, tanto da voler prendere l’aereo e tornare indietro anche solo per passare un fine settimana, se non fosse che ci metti di più di volo che altro, ma se non si è partiti solo per scappare dalla mancanza di lavoro in Italia, o dalla situazione politica che fa ridere per la presenza dei comici al potere, ma fa più paura che altro, allora casa può essere anche a Sanlitun, o a Haidian, o Dongcheng, basta saper trovare il giusto equilibrio fra la vita cinese e la nascita italiana. Basta immergersi nella vita di tutti i giorni con gioia e curiorità, facendo come fanno i cinesi: saltando le file, sputando per terra, fare a gara di rutto libero con il vicino di tavolo al ristorante (oddio, forse sto esagerando), ma al tempo stesso ricordarsi della propria italianità, andare ogni tanto in ambasciata a respirare aria di casa, andare a mangiare una pizza con gli amici, ma soprattutto trovarsi con i propri coetanei e connazionali agli eventi dell’AGIC, che sinceramente mi hanno ridato un senso di appartenenza dopo essermi così immerso nella Cina da correggere la gente che mi chiamava “waiguoren” (nda, straniero) e dicendogli che se proprio non sono cinese, sono almeno un “zhongguotong” (nda, esperto di Cina).
Alla fin fine essere italiani in Cina a volte può essere molto difficile, ma al tempo stesso può regalare molte soddisfazioni. È una medaglia che va lanciata tutti i giorni e fare il possibile per farla cadere sempre dal lato giusto. La scelta di come vivere questa esperienza è nelle nostre mani, sfruttiamola al meglio.