Quando sono partito per gli Stati Uniti un paio di settimane addietro, fremevo all’ idea di visitare la Chinatown di San Francisco, che mi aspettavo essere un quartiere pullulante di vita cinese, con signori che giocano a scacchi sui marciapiedi mentre sorseggiano tè, magari piena di ristorantini tipici con cinesi strillanti. Sono stato un po’ ingenuo nell’aspettarmi qualcosa che probabilmente avrei potuto ammirare solo decine di anni fa. Oggi la 唐人街 (tang ren jie) di San Francisco è una zona sostanzialmente turistica, una specie di Silk Market a cielo aperto.

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Grant Ave., Chinatown

 Fondata nel 1840, sorge nel centro di San Francisco, annunciata dal cancello del drago che affaccia su una strada piena di turisti, in gran parte provenienti proprio dal Paese di Mezzo e curiosi di visitare le strade che ricordano un po’ le città del sud come Guangdong o Hong Kong e dove Sun Yat Sen, in esilio, ha raccolto sostenitori e progettato una rivolta contro i Manchu.

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Statua di Sun Yat Sen in St. Mary Square, realizzata dallo scultore italiano Beniamino Bufano, che tra l’altro aveva davvero conosciuto il politico cinese.

Per riuscire a vedere qualcosa di più genuino, bisogna infilarsi nelle stradine meno battute, dove magari, se si è fortunati, si riesce ancora ad ammirare qualche vecchietto che pratica Tai Ji.

Questo non vuol dire che la più grande comunità cinese degli USA non sia più dinamica come lo era magari una volta, ma semplicemente che oramai si è gradualmente integrata nella società americana. Le famiglie cinesi abitano e vivono la città – come avrei dovuto aspettarmi – come cittadini di una metropoli che hanno aiutato a costruire, abitano i quartieri residenziali periferici, lavorano negli uffici e nei negozi, e, soprattutto i più giovani, hanno quasi dimenticato come si parla cinese. La comunità è così grande che lo stesso sindaco (Ed Lee) della città è originario del Guangdong.

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A pochi passi da Chinatown inizia Little Italy, riconoscibile per via delle bandiere italiane che decorano i lampioni e dai ristoranti dai nomi italo-americani (Cesario’s, Cioppino’s, Nazario’s… insomma un italiano con un nome normale non c’era) che si susseguono. Pare infatti che le due comunità, cinese e italiana, nonostante non si sopportassero poi tanto, convivessero particolarmente bene (del resto anche a New York dove inizia Little Italy finisce Chinatown), sia per la tendenza di entrambe a ricreare l’ambiente della nazione di origine e chiudervisi, sia perchè gli italiani non erano affatto attratti dalle donne cinesi, cosa che evitava tanti problemi.

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Jack Kerouac Alley, Chinatown

Un po’ più autentica è invece la Chinatown a Los Angeles, meno famosa ma altrettanto grande, dove i cinesi del sud continuano ad immigrare e dove spesso, agli angoli delle strade, si raccolgono alcuni sostenitori del Falun Gong, setta buddista fortemente opposta al partito comunista cinese, che cercano di attirare l’attenzione dei turisti connazionali, con scarso successo.