Le università cinesi ti mettono alla prova. Dopo la triennale a Caserma Sani di Roma (è così che noi ex studenti chiamiamo lingue orientali della Sapienza), pensavo di non poter incontrare una burocrazia peggiore, ma mi sbagliavo di grosso. Quando ho iniziato i corsi di cinese alla UIBE, sono arrivato con una prenotazione per una camera nel dormitorio dell’università. Non sono bastate le urla negli uffici per convincerli a darmela, con valige e tutto ho dovuto trovare un’altra sistemazione, perché qui chi prima arriva meglio alloggia!

La University of International Business and Economics è considerata una delle migliori università in Cina per quanto riguarda le materie politico-economiche. Per carità, non ho nulla da dire sui corsi, ma penso che a livello burocratico sia persino più incasinata delle università italiane. Documenti perduti o incompleti, indicazioni su esami quasi inesistenti, avvisi in ritardo… tutte cose a cui ci si abitua dopo il primo anno in una università cinese.

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selfie familiare durante la laurea

Ci si abitua anche alle telecamere nelle classi, che probabilmente i miei colleghi che studiano in inglese non hanno nemmeno visto. I corsi che ho frequentato erano quelli seguiti dagli studenti cinesi, che sono molto diversi da quelli solo per stranieri. Diversi per contenuti, per possibilità di dibattere etc. Seguire i corsi in cinese non mi ha solo permesso di portare il mio livello di lingua a livelli più alti in breve tempo, arrivare a comprendere una lezione su Kenneth Waltz spiegata con un accento del sud (molti accenti del sud hanno come caratteristica l’articolazione dei suoni più avanti nella bocca, quindi eliminano i suoni come sh ch zh, sostituendoli con s c z e spesso pronunciano la l al posto della n e viceversa, ovviamente con molte varianti) etc., ma anche di vedere come vengono insegnate le scienze politiche agli studenti di una paese come la Cina.

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la telecamera onnipresente

Ogni tanto nelle classi spuntava un signore mai visto, che seguiva la lezione e prendeva appunti. All’inizio pensavo fossero solo vecchietti curiosi e li guardavo con simpatia. Un giorno però sono andato a lezione e ,come era già capitato altre volte, il vecchietto era lì a prendere appunti. Durante quella lezione di Storia e Politica Giapponese, avremmo dovuto fare una presentazione su un tema a piacere riguardante le relazioni tra Cina e Giappone (magari qualcuno di voi sa che non sono proprio pacifiche, almeno a livello di propaganda). Quel giorno il professore si avvicinò a noi quattro studenti stranieri e ci disse che non avremmo potuto fare la nostra presentazione. Da quel giorno qualche dubbio mi è venuto…

Studiare in una università a Pechino permette anche di conoscere gente proveniente da tutto il mondo. In scuole come la Beijing University (anche chiamata BeiDa), la Qinghua o proprio la Uibe, ogni anno arrivano migliaia e migliaia di stranieri da decine di paesi diversi. Si ha l’opportunità di studiare con Russi, Kazaki, Afghani, Pakistani, Filippini, Thailandesi, Giapponesi, Coreani e chi più ne ha più ne metta. E’ un’ esperienza unica che consiglio a tutti. Sia per l’ambiente internazionale di cui sopra, sia perché le difficoltà di adattamento personale e i problemi burocratici a cui ti abitua forgiano il carattere come poche altre cose possono fare.

Sono passati 3 anni, ed è finita. E’ finita un’avventura, una delle tante che ho avuto la fortuna di affrontare da quando sono arrivato qui. Sono finalmente riuscito a laurearmi. Come avevo già scritto in questo articolo, quando sono arrivato a Pechino nell’agosto del 2012, non parlavo una parola di cinese, sapevo a mala pena pronunciare correttamente nihao e penso che allora non avrei mai creduto di potercela fare. Ovviamente è solo un piccolo traguardo, ma voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato e mi hanno supportato durante questa esperienza (la mia famiglia, gli amici di AGIC, Mohammed, Jappo e tutti gli altri).

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