Lavorare, di per sé è già un’attività che regala gioie e dolori, ma lavorare in Cina aumenta la distanza fra i picchi delle gioie e le valli dei dolori (dette anche “valli di lacrime”).
Nel momento in cui scrivo questo articolo mi trovo sul volo CA494 verso Milano. Ho appena rifinito i materiali da usare durante il webinar “Chinese Business Etiquette” (Iscriviti qui) e ancor prima ho discusso per quasi un’ora con il mio inaspettato compagno di volo: Mattia. Mattia è della provincia di Brescia e si è appena laureato in Ingegneria Ambientale a Shanghai. Non solo ho scoperto che abbiamo un amico in comune, ma addirittura che un mio collega di Shanghai l’ha aiutato a trovare lavoro in una compagnia italiana. Mattia ha già lavorato in questa azienda negli ultimi mesi, proprio come ha fatto Antonio prima di laurearsi, così che abbiamo avuto modo di scambiare alcune opinioni riguardo il lavorare in Cina.
Cinque dolori
- I colleghi: come già scritto in passato, il rapporto fra colleghi non è sempre dei più rosei. Certo, questo è valido in ogni parte del mondo, ma la cosa più fastidiosa e diffusa è l’incompetenza che regna sovrana: nessuno si assume mai la responsabilità di trovare una soluzione ai problemi. Tutto viene rimandato fino a che il problema è così grande che non vi è altra soluzione che non quella di sottoporlo al capo, che a volte lo sottopone al proprio capo, che lo gira al proprio capo etc.
- I capi: personalmente mi ritengo fortunato, ho dei capi fantastici e questo mi permette di avere una più larga azione ed un supporto non indifferente. Purtroppo conosco amici i cui capi seminano zizzania e voci infondate, premiano e promuovono inetti solamente perché così non vi è nessuno in grado di sostituirli, facendo sì che quelli bravi si sentano demotivati e cerchino una nuova occupazione.
- Il turnover: alle volte non fai tempo ad imparare il nome di un collega che se n’è già andato. Finché si tratta di incompetenti non ci perdo il sonno, ma quando ti capita di trovare un collega capace e con la voglia di lavorare, in cui io stesso vedo e riconosco del potenziale e mi impegno a fargli/le dei training di buon livello e fornire tutto il supporto possibile e dopo due mesi se ne va in un’altra azienda perché gli offrono 100 RMB in più al mese… non è piacevole.
- I competitor: sono troppi. Semplicemente non stai più dietro a tutta quella marea di aziende locali che sono pronte a scannarsi per offrire 2 centesimi meno per rubarti un cliente
- I clienti: la maggior parte di loro non si degna neanche di essere educata, ti sbattono il telefono in faccia, urlano ad ogni momento e spesso sembra che l’unico modo che abbiano per comunicare le proprie ragioni sia farti sentire un pezzente.
Il corso avanzato di “Chinese Business Etiquette”, in cui spiego proprio certe dinamiche e trucchi del lavoro in Cina che ho acquisito in anni di tentativi ed errori e che mi hanno portato ai risultati di oggi, è in super sconto a soli 57€. Tra qualche giorno le iscrizioni al corso chiuderanno, iscriviti subito qui sotto e aspetta la prossima mail, non perdere questa occasione:
speriamo le gioie siano superiori ai dolori…!!!
in ogni caso mi par di intravedere che i dolori di lavoro in Cina siano simili nelle modalità di gran parte del mondo lavorativo anche occidentale
aggiungo questo link di un articolo appena letto!!. .. forse in questo modo migliorerebbero i rapporti tra colleghi ottenendo una customer satisfaction che eviti clienti urlanti.
http://www.wallstreetitalia.com/article/1828316/societa/lavoro-svezia-esperimento-delle-6-ore-e-un-successo.aspx
…..ma la Svezia non è Italia e tantomeno Cina, eh!? 😉
Ho vissuto in prima persona il punto 1 e punto 3. Mi sconvolgeva il fatto che due colleghi dello stesso ente, fianco a fianco in ufficio, si scrivessero via mail (invece di parlarsi) perchè così mettevano in copia il capo il quale avrebbe dovuto prendere una decisione.
Sul turn over, questo è inevitabile. In una città come Suzhou, dove il 70% dei cinesi viene da altre regioni della Cina, era inevitabile. E la nostra azienda era ancora fortunata, con un turn over annuo nell’intorno del 25% (a livello operaio). Avevo un amico che era direttore di stabilimento in un’azienda che aveva il 65% di turnover!
Sono passati ormai 3 anni e mezzo dal mio ritorno in Italia e ho perso un po’il contatto con queste dinamiche, però è sempre interessante leggere e vedere che tutto sommato la Cina è sempre quella.
altro che copiare il capo per fargli prendere decisioni, lo copiano solo per fargli vedere che lavorano… Te pare???
Comunque il turnover è davvero uno dei problemi più gravi in Cina, ma non è solo colpa dei lavoratori, spesso è colpa dei capi che non valorizzano chi sa fare bene e pensano di poter assumere persone competenti dandogli una manciata di riso come stipendio, ovvio poi che questi se ne vanno.
[…] quattro anni che vivo e lavoro in Cina fra le sue gioie e i suoi dolori. Più nello specifico lavoro nel settore delle spedizioni internazionali, prima come […]