L’articolo di oggi è scritto da Federica, una mia cliente ed amica che ha vissuto un’esperienza molto interessante in una delle molte fiere cinesi e che vuole condividere con tutti noi.

La Cina ormai pullula di fiere internazionali, e sempre più businessmen stranieri giungono appositamente da altri Paesi per concludere in Cina i propri affari e cercare nuove opportunità. Si svolgono numerose fiere nelle città Cinesi più famose quali Pechino o Shanghai, ma ce ne sono anche molte altre in città più piccole, meno conosciute dagli stranieri. Perciò, quando si ritiene che in queste città minori il numero di businessmen stranieri che partecipano alle fiere non sia sufficiente, si provvede ad andarli a cercare! Ed è così che inizia la nostra storia.

Il giorno 8 ottobre 2015 vengo contattata da un amico italiano il quale mi riferisce che stanno cercando disperatamente degli stranieri disposti a partecipare alla fiera di Linyi, nella provincia dello Shandong. L’invito arriva dalla camera di commercio Euro Americana. Viaggio in treno, vitto e alloggio pagati. Hotel quattro stelle, come di dovere per un businessman che si rispetti. Dopo mezzo secondo di riflessione, decido di accettare l’invito. Tutto organizzato quindi, si parte per il business trip! Altri quattro ragazzi italiani partono insieme a me. C’è solo un unico piccolo dettaglio lasciato in sospeso: io e i miei quattro amici non siamo businessmen! E allora perché ci hanno invitato? Bella domanda, a cui per il momento non troviamo risposta.

Partiamo, ognuno spinto dalle proprie ragioni, più o meno valide: chi per crearsi dei contatti, chi per divertimento, chi perché una fiera non ha mai fatto male a nessuno. Non capita tutti i giorni di ricevere l’invito a partecipare a un evento gratuitamente, inoltre le fiere possono sempre rivelarsi interessanti, perché no. Partiamo carichi, chi con le scarpe da ginnastica, chi con gli occhiali da sole, chi con uno zaino colorato in spalla, quasi fosse un scampagnata in montagna. Arriviamo in stazione e troviamo il nostro gruppo. Scopriamo così di non essere solo in cinque: ci saranno almeno cinquanta stranieri, tutti invitati dalla camera di commercio. In questa massa si distingue qualcuno in giacca e cravatta.

Siamo sul treno, noi cinque italiani un po’ timorosi che i compagni di viaggio vogliano indagare più a fondo sulla nostra identità. Stiamo quindi attenti a non conversare troppo, non sapremmo rispondere a domande quali: “Come mai siete qui?” “Di cosa vi occupate?”. Per fortuna siamo in uno scompartimento a parte. Arriva l’organizzatrice e ci consegna dei biglietti da visita e un badge per poter entrare in fiera. Sul badge non c’è scritto “visitor”, bensì “buyer”. Guardo i biglietti da visita: ce ne saranno una ventina, tutti con il mio nome scritto! Mi è appena stato consegnato il mio personale biglietto da visita, creato appositamente per l’occasione! Ci sono delle informazoni un po’ casuali: nome di un’azienda molto probabilmente inventata, indirizzo senza dubbio inventato. Il mio è Via della Spiga, ma non sono specificati ne’ la città ne’ tantomeno il Paese. Ecco svelato l’inghippo: noi che non siamo compratori dobbiamo spacciarci per tali.

Arriviamo in hotel la sera prima della fiera, camere bellissime. Il mattino seguente ci prepariamo per la fiera. Sono curiosa di vedere cosa ci aspetta e mi riprometto di non far uscire dalle mie tasche il biglietto da visita fasullo. Arriviamo finalmente nel centro fiere e, dopo aver assistito alla cerimonia d’apertura, abbiamo due ore di tempo per girare in libertà. Noi cinque cominciamo a muoverci in gruppo, ma così siamo ancora meno credibili. Ci occorre una strategia! Ci dividiamo: i due ragazzi da una parte e le tre ragazze dall’altra. Non credo che nessuno prima d’ora abbia visto tre ragazze in gruppo ad una fiera. Tutte della stessa azienda, e tutte manager, tra l’altro. La fiera di per sé è interessante, a tratti più che una business fair sembra un mercatino dell’usato. Per un attimo ci viene il dubbio che anche la fiera sia tutta una montatura. E invece no: la fiera è seria, siamo noi a non esserlo.

Ci riportano in hotel per pranzo. Sembra quasi che la parte fondamentale del nostro viaggio siano i pasti, buonissimi tra l’altro. Ancora in abbiocco post pranzo, ci informano che al pomeriggo dovremmo partecipare alla “riunione dei buyers”: incontreremo gli espositori dei prodotti a cui siamo interessati. Ecco quindi sopraggiungere la parte critica del viaggio: noi cinque non siamo inetressati ad alcun prodotto. Torniamo alla fiera, e ognuno di noi si mette alla ricerca del prodotto che in qualche modo potrebbe avvicinarsi maggiormente ai propri interessi, magari per imparare qualcosa. Ma gli espositori si aspettano giustamente gente seria pronta a sganciare grana, non “pischelli” vogliosi di imparare. La situazione si fa imbarazzante: non stiamo facendo nulla di illegale, eppure la nostra coscienza non si sente a posto.

Dopo un paio d’ore di trattative, ecco la conclusione dei nostri incontri: alle tre ragazze vengono presentati, oltre a dei pannelli in alluminio, anche dei tizi cinquantenni giunti in fiera per cercar moglie! Risultato della trattativa: buyers non interessate. I due ragazzi scendono a trattative con un distributore di articoli sportivi, e come risultato si portano a casa il campione di un nuovo modello di racchetta da badmnigton. Campione che non servirà loro a lanciare un nuovo prodotto, bensì ad arricchire i loro pomeriggi domenicali.

Ritiriamo baracca e burattini e concludiamo così il nostro giorno in fiera, ognuno portando a casa il proprio piccolo obiettivo: chi la racchetta da badmington, chi un weekend di semi-relax. Io la mia piccola esperienza da raccontare. Un’esperienza da fare, magari una volta sola nella vita, quando sai di non aver ancora raggiunto l’eta della maturità. Non quella dei 18 anni, ma quella che non sai mai quando arriva, forse a 30, forse a 40 anni, forse mai.