Lavoro nel ramo dei trasporti e spedizioni internazionali da poco più di 4 anni, di cui la quasi totalità in Cina. A chi non è del settore dico che faccio “logistica” ma per la precisione lavoro per uno spedizioniere, o freight forwader, che dir si voglia.
Sarà che non è facile essere eccitati per il proprio lavoro e molte conoscenze le si danno per scontante o per noiose, ma in questi giorni sono successe alcune cose che mi hanno dato da pensare a scrivere un articolo sulle spedizioni internazionali.
- Per prima cosa c’è stata tutta la stampa ed attenzione data alla bancarotta di Hanjin, la compagnia marittima Koreana;
- Ad un evento della Camera di Commercio, ho parlato a lungo di trasporti internazionali con una persona interessata all’argomento;
- A Tianjin ho discusso di Hanjin e delle ripercussioni sul commercio internazionale con un ragazzo Koreano il cui amico è uno dei proprietari della Hanjin.
Differenze fra corrieri, spedizionieri, compagnie marittime (e aeree)
Partendo dalle basi, quando parlo con persone che non sono del settore e dico che lavoro per uno spedizioniere internazionale, ci sono due tipi di risposte che ricevo:
- tipo DHL o TNT?
- quante navi (o aerei) avete?
Questo perché la persona comune non capisce la differenza fra corrieri, spedizionieri e compagnie navali (o aeree).
DHL è un caso un po’ particolare perché ha sia un dipartimento di corriere (che è il motivo per cui le masse la conoscono) e un dipartimento di spedizioni.
Il currier: offre generalmente un servizio paragonabile a quello postale, per la spedizione su scala nazionale o internazionale di documenti o pacchi. Risulta generalmente più veloce e sicuro dei servizi postali tradizionali.
Lo spedizioniere (o Freight Forwarder): a differenza del currier, tratta quasi esclusivamente spedizioni B2B (Business to Business), generalmente di dimensioni e pesi maggiori rispetto a quelle dei currier. Un altro nome con cui è conosciuto lo spedizioniere è NVOCC: non-vessel operating common carrier. Significa che svolge il lavoro di agente delle compagnie marittime o aeree, senza però possedere aerei o vascelli.
Compagnie marittime o aeree: sono società che eseguono il trasporto marittimo o aereo delle merci e/o delle persone utilizzando mezzi di proprietà o noleggiati.
La situazione delle spedizioni internazionali
Uno degli effetti più chiari della globalizzazione è ovviamente il trasporto e le spedizioni su scala internazionale. Ciò che nel nostro piccolo possiamo toccare con mano tutti i giorni, senza neanche accorgercene, è trovare al supermercato gli ananas dalla Costa Rica; le banane del Brasile; il caffé dal Venezuela; ed ovviamente tutta una serie di prodotti Made in China.
Quando ho iniziato questo lavoro, tutti mi dicevano: “ora il problema più grande è il prezzo, fino a qualche mese fa era trovare spazio sulle navi”.
Questa frase racchiude in sé un po’ il succo di quello che sta passando ora il trasporto internazionale fra Europa e Cina.
Container vs Break Bulk
Nel 2005, il 90% della merce spedita via mare lo ha fatto all’interno di un container. Il restante 10 % si spedisce ancora come lo si faceva in passato: nelle navi con la stiva, le cosiddette Break Bulk Cargo.
Ma i container non sono tutti uguali. Nel 1968 è stato definito lo Standard Container con l’ISO 668. Oggigiorno i container più utilizzati sono i DC (o Dry Container), ma ci sono anche quelli a temperatura controllata (reefer), quelli senza tetto (OT: Open Top), e quelli senza neanche le pareti (FR o Flat Rack). Ognuno di questi può essere lungo 20 piedi (circa 5.90m) o 40 piedi (circa 12m). Qui l’elenco e le misure dei container più usati.
Poiché quasi tutti i container sono lunghi 20 o 40 piedi, l’unità di misura che si usa nel trasporto marittimo è una e una sola: il TEU.
TEU sta per Twenty-foot Equivalent Unit, ovvero “equivalente ad un container da 20 piedi”. Questo significa che un container da 20 piedi è un TEU, un container da 40 è 2 TEUs.
Aumento dell’offerta e diminuzione della domanda
Nel mondo delle spedizioni marittime via container, domanda e offerta si basano su una ed una sola unità di misura: il TEU.
Poiché nel periodo d’oro delle spedizioni, il grande problema era trovare lo spazio sulle navi, le compagnie marittime hanno ordinato navi sempre più grandi, arrivando ad avere navi anche da 19000 TEUs. Per capirci, se calcoliamo che un TEU è lungo circa 6 m, stiamo parlando di 114mila metri di container tutti su una stessa nave. Le navi più grosse sono generalmente destinate ai porti del Nord Europa e al Nord America, mentre fra Italia e Cina è facile trovare navi anche dalla portata di 13-14mila TEUs, quando fino pochi anni fa era normale avere una capacità di 4-8mila TEUs sulla stessa tratta.
Poiché le compagnie marittime lavorano da anni con profitti risicati, il modo migliore per avere più margine era avere navi più grandi, in modo da dividere i costi fissi su un maggior numero di unità (i container). Così le compagnie commissionarono navi sempre più grandi ai cantieri navali, ma si sà: Roma non è stata fatta in un giorno, e neanche delle bestie da migliaia di container.
Così che fra la costruzione e la messa in mare è passato un po’ di tempo e l’economia globale è cambiata, sia a causa della crisi economica, che alle misure messe in atto dalla Cina, che da fabbrica del mondo sta cercando di diventare un mercato sempre più autosufficiente e dedicato alla domanda interna.
Come è normale che sia, un aumento di stiva (offerta) ed una diminuzione delle spedizioni (domanda) ha portato ad un crollo dei prezzi dei noli marittimi e quindi il margine delle compagnie marittime. Secondo questo articolo, la Hanjin perdeva fino a 100USD a container, mentre la Maersk, la prima compagnia al mondo, ne perde “solo” 11… ma è comunque in perdita!
Differenza fra eastbound e westbound
Una cosa estremamente interessante nel trasporto internazionale fra Europa e Cina è la differenza dei noli marittimi nella tratta Eastbound (da Europa a Cina) e Westbound (da Cina ad Europa).
- Differenza di prezzi
- Differenza di validità
La differenza di prezzi è davvero incredibile, mentre un container che parte dall’Italia e arriva in Cina può avere un nolo marittimo addirittura di 100-200 USD, per la tratta inversa può anche costare 10 volte in più.
La validità è un’altro punto interessante, mentre i contratti nel mercato Eastbound sono generalmente validi dal primo all’ultimo di ogni mese, ma quasi sempre vengono confermati il mese successivo, quelli Westbound arrivano a variare anche due volte a settimana. Inoltre, non si parla di variazioni da pochi spiccioli, ma anche 500 USD in più o in meno!
Perché queste differenze?
Tutto si rifà alla questione della domanda e dell’offerta. Sappiamo tutti che la Cina è la fabbrica del mondo e quindi ha molta merce da esportare, mentre l’Europa non può assolutamente competere con le quantità Cinesi. Poiché la portata della nave (offerta) rimane uguale ma non la quantità di container da imbarcare (domanda) , si crea una disparità di prezzi.
Le compagnie marittime operano con enormi perdite nel mercato Eastbound, ma ciò è fatto anche per cercare di riportare container in Cina per utilizzarli nel Westbound, dove recuperano gran parte delle perdite.
Alleanze e spazi condivisi
Per cercare di caricare più container sulla stessa nave e quindi abbassare i costi, le compagnie marittime hanno stretto delle alleanze. Significa che diverse compagnie marittime caricano i propri container su una stessa nave, su cui ognuna delle alleate ha una percentuale di spazio a disposizione. La compagnia resta comunque proprietaria della propria nave e del proprio container, ma può caricare il container su navi non sue purché all’interno della propria alleanza.
Un po’ quello che succede con le compagnie aeree che fanno code-sharing o fanno parte di alleanze come Star-Alliance.
Le conseguenze del fallimento Hanjin
Torniamo un po’ all’argomento sulla bocca di tutti: la bancarotta di Hanjin.
Il fatto che Hanjin è fallita, significa molti porti non fanno attraccare le sue navi perché non sono in grado di pagare i diritti portuali. Questo influenza non solo le merci di Hanjin ma di tutte le compagnie dell’alleanza che condivide spazi sulle navi Hanjin.
Al tempo stesso, per ritirare i container Hanjin già arrivati nei porti di destinazione può essere necessario pagare dei depositi. Depositi che potrebbero non essere mai restituiti. Addirittura molti porti cinesi non rilasciano ricevute di alcun tipo per questo tipo di depositi.
In alcuni casi le navi Hanjin sono costrette a lasciare gran parte di container in porti che non sono quelli di destinazione, poiché queste navi non possono più essere rifornite di carburante e di viveri. Così che i container dovranno essere ricaricati su navi di altre compagnie marittime per arrivare al porto di destino.
La situazione si sta ancora dipanando e molte situazioni sono in divenire. Possiamo però prevedere che vi saranno diversi problemi per ancora qualche mese. Al tempo stesso è alquanto probabile che le compagnie marittime coglieranno questa occasione per aumentare i prezzi dei noli già a partire dal 1 ottobre, per cercare di trarre il meglio da questa situazione e provare a risanare i propri conti. Questo probabilmente avrà ripercussioni sui prezzi finali dei prodotti spediti.
Hai domande a riguardo? scrivimi nei commenti!
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la domanda che mi viene spontanea e’ chi paghera’ i danni.
Dando per scontato che la quasi totalita’ dei container sia assicurata se si fa un conto di quanti container son fermi sulle navi ex-Hanjin e si ipotizzano anche solo 1.000usd di danno a container secondo me anche qualche compagnia di assicurazione finira’ a gambe all’aria.
Ciao Marco,
non sono ferrato per quanto riguarda l’assicurazione quindi non posso esprimermi a riguardo. Vedremo un po’ con i mesi a venire, come sarà la situazione…
i danni? che danni? per i ritardi nelle consegne? Nessuno. Quando lavoravo in Cma Cgm, proprio al reparto import, ci fecero vedere che la compagnia di navigazione nelle polizze ha scritto che ha 6 mesi di tempo massimo per consegnare il contenitore prima che il cliente possa accampare diritti e chiedere rimborsi. La Hanjin poi è pure fallita, quindi figuriamoci. Che io sappia non esistono assicurazioni di alcun tipo su il contenitore se la merce dentro non subisce danni
Questo articolo, come quello precedente, li trovi interessanti, perché mi fanno entrare in realtà sconosciute
Pensa che sono ora a Singapore a seguire il tramacco di merce che era in contenitori Hanjin e deve andare in Italia su altri contenitori…
Parlando da profano assoluto, mi viene da esprimere qui una domanda che mi faccio da anni:
Ma perché bisogna trasportare materie prime alle unità di produzione e poi i prodotti ai luoghi di utilizzo quando sarebbe più ragionevole portare le unità di produzione in giro caricando le materie prime in un luogo e scaricando i prodotti a destino?
Tralasciando le critiche ovvie, penso ci siano produzioni e percorsi per cui la cosa sarebbe conveniente e l’ostacolo fondamentale sarebbe cominciare a pensare fuori dalla scatola, anzi magari nella scatola, mettendo unità di produzione in una nuova categoria di container.
Non sarebbe nemmeno un’idea particolarmente nuova, visto che già esistono esempi perfettamente funzionanti ad esempio nel settore ittico.
Installare fabbriche sui mastodonti dei mari magari acchiapperebbe un po’ di piccioni con una fava: produrre in regimi fiscali offshore, eliminare tempi morti di trasporto, avere vincoli ambientali uniformi, per citarne alcuni.
Grazie Jappo per il tuo articolo, molto dettagliato e interessante! Io lavoro nel campo della telefonia internazionale (accordi tra operatori telefonice internazionali per la terminazione di chiamate internazionali) e devo dire che ci sono alcune dinamiche, tipo quella della volatilità dei prezzi, simili a quelle descritte da te. Alla prossima!
Fabrizio
[…] e lavoro in Cina fra le sue gioie e i suoi dolori. Più nello specifico lavoro nel settore delle spedizioni internazionali, prima come rappresentante, poi come Route Manager per il Nord Cina. Insomma, sempre e comunque nel […]