La Cina è da anni nel centro di articoli, libri, discussioni e molto altro, ma molto spesso quello che si può percepire dall’estero non corrisponde a quello che si vive.

Di per sè parlare di Cina come un tuttuno uniforme è una grande semplificazione ed approssimazione, ma per forza di cose è spesso difficile evitare questa semplificazione. Anche noi di ABcina siamo complici di questo modo di fare, ma alle volte è inevitabile.

Quello che però bisogna a tutti i costi evitare è pensare di riuscire a comprendere la Cina stando all’estero, solamente perché si sono letti innumerevoli trattati, libri o programmi TV. Da persona che vive in Cina da quattro anni, studia cinese da dieci ed è sposato con una ragazza cinese da quasi tre, posso assicurare che tutt’ora mi imbarazzo quando sono nominato come 中国通 zhongguotong, ovvero “esperto di Cina”, perché non mi sento tale.

Poiché la Cina è troppo grande per essere compresa in così poco tempo, è troppo varia per essere categorizzata, ma soprattutto cambia troppo in fretta per riuscire a stare al passo con i suoi ritmi.

Forse in questo articolo non dico nulla di nuovo, ma da diverse conversazioni che ho avuto di recente ho sentito il bisogno di ricordare a tutti, me stesso in primis, che bisogna tenere a mente tutto ciò.

Quando anni fa mi capitò di parlare con un imprenditore che a detta sua “capiva la Cina”, gli chiesi che cosa ne pensava. La sua risposta fu “la Cina è moderna, è attiva, è ricca. Non si deve pensare ai cinesi come una popolazione povera, hanno molti più soldi di noi italiani!” Una affermazione del genere lascia un po’ il tempo che trova, con i mega-miliardari cinesi e gente che per lavoro raccoglie spazzatura per guadagnare pochi euro al giorno, non si può fare di tutta l’erba un fascio. La persona in questione era andata innumerevoli volte in Cina per affari, ma era stata solo a Hong-Kong e a Shanghai. E’ ovvio che la sua percezione era distorta, perché non è mai stato nella campagna dello Henan a raccogliere il mais e a lavarsi i denti con l’acqua piovana. Non ha viaggiato nel Xinjiang o nella Mongolia Interna e non ha preso un treno lento con i sedili o le cuccette dure.

Invece a inizio ottobre ho avuto una conversazione con due persone della Fondazione Italia-Cina che, nonostante siano in contatto con la Cina tutti i giorni, mi hanno detto “tu hai una prospettiva completamente diversa rispetto a quella che noi possiamo percepire da qui”. Ed è tutta un’altra sensazione, perché a dirtelo è gente di cui puoi condividerne o meno certe opinioni che hanno della Cina ma non puoi non rispettarle perché sai che parlano con una certa cognizione di causa.

Purtroppo però la Cina, non la si può capire stando a dieci-mila chilometri di distanza. Lo stesso discorso mi è capitato di farlo recentemente con l’Ambasciatore Sequi, ed ho pensato che mettere giù qualche pensiero su queste pagine avrebbe fatto bene. Del resto, la Cina si capisce quando la si vive tutti i giorni, spingendo per entrare sulla metropolitana, guidando il motorino elettrico nelle strade trafficate e senza regole, mangiando gomito a gomito con i 老百姓 laobaixing (la gente comune).

Penso che l’unico modo per capire veramente la Cina sia di approciarla con un sentimento che molti si sono dimenticati: l’umiltà. L’umiltà di sapere che non la si potrà mai capire fino in fondo, ma fare il possibile per capirla oggi un po’ più di quanto la si capiva ieri.