La Cina è veramente quel paradiso terrestre delle opportunità (lavorative o meno) che crediamo?

C’era una volta…

Quando nel 2006 iniziai a studiare cinese, nessuno si sarebbe immaginato la crisi economica che dopo poco ci avrebbe colpito. Già si parlava di Cina, ma non era ancora così sulla bocca di tutti come ora.

Quando all’epoca dicevo “studio cinese” c’erano due tipi di reazioni:

  1. Chi sbarrava gli occhi e diceva “ma cosa studi il cinese a fare? Per disegnare le casette?”
  2. Chi sbarrava gli occhi e diceva “incredibile! Però fai bene, perché è lì che c’è il business del futuro”

Durante la crisi

A inzio 2009 misi piede in Cina per la prima volta e a fine dell’anno finii la mia laurea triennale.

Molti amici hanno deciso di non proseguire con la Laurea Specialistica (poi Laurea Magistrale) ed hanno trovato subito lavoro. Io invece facevo parte del gruppo di chi non credeva di avere un livello di lingua sufficiente per comunicare in maniera appropriata e delle competenze extra-linguistiche veramente spendibili nel mondo del lavoro.

E’ in questo periodo che ho imparato la parola 经济危机 jingji weiji, che in cinese significa appunto “crisi economica”.

Post-crisi – “ma tanto col cinese troverai subito lavoro”

Finalmente mi laureai con lode a inizio 2012. Tutti i coetanei a lamentarsi delle poche opportunità di lavoro, ma anche a dirmi “sapendo il cinese troverai subito lavoro”.

La verità?

Ci ho messo 6 mesi a trovare qualcosa di accettabile. Con la lode ma senza esperienza non vai da nessuna parte. Gli amici che si erano fermati alla triennale avevano trovato lavoro in un mese e oramai avevano già 2 anni di esperienza. Io invece mi scontravo con annunci di lavoro per candidati impossibili (neolaureati con due anni di esperienza, o che sapessero sia il cinese che ingegneria mecchianica) e avversari temibili (cinesi di seconda generazione che parlano perfettamente due madrelingue).

Le offerte non sono più quelle di una volta

Arriviamo poi ai giorni nostri, dove oramai tutti i disoccupati del mondo si sono riversati nel mercato del lavoro cinese. L’era dei pacchetti expat con salari doppi rispetto a quanto si prende a casa, l’autista, l’assicurazione sanitaria, vitto, alloggio e scuola dei bimbi pagata, è volta al termine ma c’è ancora chi ci crede (e ci spera). Ogni tanto a qualcuno arriva una botta di cul…fortuna, ma sono delle bestie rare.

Al tempo stesso, non solo c’è troppa offerta di lavoratori disposti a fare una esperienza cinese, ma addirittura vi sono moltissimi cinesi che si sono specializzati all’estero che tornano in patria a lavorare. I cinesi non sono scemi, negli anni ho visto inasprirsi le regole per ottenere un visto lavorativo, ci sono più controlli su chi lavora in Cina col visto studentesco o turistico e fa i “visa run” su Hongkong. Recentemente è addirittura arrivata la notizia che i visti lavorativi saranno divisi in categorie A, B e C a seconda della specializzazione della persona.

Questo non solo perché stanno diventando sempre più razzisti non solo nei confronti di neri e giapponesi, ma anche degli occidentali, ma anche perché sanno che devono limitare l’immigrazione di personale non specializzato ed incentivare l’entrata di chi porta valore aggiunto alla società cinese.

Le opportunità sono finite?

Ma la verità è che le opportunità sono prsenti dappertutto, basta saperle cercare!

Ovviamente la Cina è tutt’ora terra di opportunità, è un ambiente vivo e vivace, veloce, che lascia per strada chi non sa stare al passo.

Questo è ciò che più mi piace della mia vita qui, il fatto che ci sono tante cose da fare e quando parli di un nuovo progetto con qualcuno non ti senti dire “eh, ma… la crisi…la mancanza di fondi… e poi?” ti senti dire “è fantastico! Rimboccati le maniche e dacci dentro che credo in te”.

Perché anche la parola crisi, che si dice 危机 weiji, ha al suo interno la parola 机会 jihui: opportunità. Basta saperla cogliere.

Domanda: c’è qualche opportunità che non hai colto al momento giusto e ti sei pentito? Rispondi nei commenti

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