Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2018 su cinaforum.net, lo proponiamo per i lettori di ABCina.
La competizione economica tra Stati Uniti e Cina passa attraverso la loro rivalità tecnologica e politica. I governi dei due Paesi sono consapevoli del valore che hanno i dati degli utenti-cittadini. Questi stessi prodotti potrebbero essere la chiave per vincere la sfida dell’innovazione e dell’influenza politica globale.
Lo “scandalo” Cambridge Analytica ci offre l’occasione per riflettere su alcune questioni fondamentali che riguardano la nostra privacy e libertà, nel contesto di una situazione economico-politica internazionale sempre più complessa.
Le relazioni economiche tra Cina e USA sembrano farsi più tese, come dimostrano recenti dichiarazioni del sottosegretario del tesoro per gli affari internazionali del governo americano. Sebbene si tratti di frasi prese fuori contesto e probabilmente non pronunciate nella maniera giusta, non si può negare che i toni, nell’ultimo periodo, si siano caricati di tensione.
Gli USA, da sempre ambasciatori del libero mercato (con riserva), hanno contribuito all’escalation con la promessa di imporre dazi sulle importazioni che potrebbero danneggiare seriamente i commerci con il gigante asiatico. Trump del resto aveva condotto la sua campagna elettorale a suon di annunci su pesanti misure volte a bilanciare l’enorme deficit commerciale che gli Stati Uniti hanno con la Cina.
La Cina d’altra parte mantiene un atteggiamento ambiguo rispetto alle regole del commercio e degli investimenti internazionali. Le aziende private sembrano rivelare una forte presenza statale, sotto forma di dirigenti vicini ai vertici del Partito o di investimenti diretti delle banche di Stato, ottenendo in tal modo un vantaggio competitivo rispetto a quelle di altri Paesi.
Gli investimenti cinesi all’estero sono caratterizzati da scarsa trasparenza, sia dal punto di vista delle strategie di lungo periodo, sia per quanto riguarda le tracce lasciate dai flussi di denaro. E le continue pressioni della Cina per il riconoscimento di “economia di mercato” rivelano un comportamento poco credibile all’interno della comunità internazionale.
La rivalità e la concorrenza – leale o sleale – tra Cina e USA in campo economico è strettamente legata a quella tecnologica. Mentre fino a poco tempo addietro la superiorità tecnologica degli Stati Uniti e dell’Europa era fuori discussione, le nuove tecnologie stanno aprendo alla Cina uno spazio enorme per insidiare l’Occidente.
Il mercato dei prodotti informatici di consumo è dominato in maniera indiscussa da Cina e USA. Con le eccezioni di Acer e Samsung, la sfida è HP, Dell, Apple, Microsoft etc. da una parte e, dall’altra, Huawei, Lenovo, Xiaomi, Oppo, ZTE etc.. Attraverso i prodotti di queste multinazionali hi-tech passano i dati di milioni di utenti, i quali a loro volta hanno un ruolo determinante nelle strategie delle prime due economie del pianeta.
Gli USA si rendono conto dell’importanza di questo tema. Solo poche settimane fa sono state rimarcate le posizioni e i sospetti dei funzionari americani su Huawei, azienda nel mirino del governo americano già da molti anni. Gli Stati Uniti non hanno intenzione di “regalare” i dati dei propri utenti, o di mettere a rischio il patrimonio costituito dal mercato americano.
Del resto i nostri cellulari e computer portano con sé le impronte digitali, i dati sensibili, le foto e i messaggi privati che ognuno di noi scambia con la propria rete di relazioni; il nostro orientamento politico; i contenuti che suscitano il nostro umorismo o altre emozioni. Il vantaggio commerciale e politico di chi è in possesso di quei dati è evidente e non può essere sottovalutato.
Il valore dei dati degli utenti assume importanza non solo per ricerche di mercato, tergetizzazione della pubblicità etc., ma è rappresentato soprattutto dal contributo che gli stessi dati danno allo sviluppo delle nuove tecnologie, in primis quelle che si avvalgono di intelligenze artificiali. Più dati le aziende possono raccogliere, maggiori possibilità hanno di svilupparne di nuove e più avanzate.
Le tecnologie che faranno parte del nostro futuro prossimo – che rientreranno per la maggior parte nel mondo dell’internet of things (IoT) – sono accorpabili a quei progetti che si avvalgono dei dati raccolti dagli utenti e analizzati per fornire servizi sempre più precisi e “customizzati” a chi li utilizza. Le macchine a guida autonoma, i vari apparecchi per la gestione intelligente della casa, sono solo alcune di esse.
Chi riuscirà a ottenere più dati su cui basare i propri progetti di ricerca e sviluppo, probabilmente riuscirà anche a sviluppare le tecnologie migliori, occupare le fette di mercato più ampie e di conseguenza raccogliere altri dati per migliorare e innovare ulteriormente in futuro.
Ma il discorso non è meramente economico. Anzi, in un clima di concorrenza ideale, con un mercato in cui la presenza politica fosse minima o nulla, non potremmo che gioire di una sana e leale concorrenza.
Purtroppo però ci troviamo davanti a una battaglia che è prima di tutto politica ed ideologica, poi economica. I dati degli utenti possono essere utilizzati per scopi di controllo e sicurezza: il caso NSA e le nuove tecnologie anticrimine e di “social score” cinesi ne sono esempi lampanti.
La propaganda politica può passare attraverso un’analisi accuratissima del comportamento degli utenti e una scelta mirata dei messaggi e dei target. Il successo di una posizione ideologica rispetto ad un’altra è ora legato a doppio filo con la strategia di comunicazione online adottata, e quindi ai dati su cui si basa questa strategia.
In questo quadro, l’Europa appare in balia dei due poli di influenza. Con sua staticità e i suoi problemi interni non riesce a farsi protagonista di un futuro fatto di due mondi, quello economico e quello politico, sempre più legati alle tecnologie informatiche e ai dati. Gli utenti europei badano ad aspetti come il prezzo e la qualità del prodotto quando acquistano uno smartphone o un pc, ma raramente si chiedono che importanza abbia un acquisto per gli equilibri geopolitici.
La regolamentazione in materia e gli investimenti in R&D sono scarsi o tardivi, non bastano ad arginare il problema e ci lasciano nelle mani di Cina e USA, con la speranza che queste informazioni e tecnologie vengano utilizzate per noi e non contro di noi.