Abbiamo raccolto la confessione anonima di un ragazzo italiano espatriato in Cina, pentito dei propri crimini internazionali, che molto probabilmente commetterà ancora.

Vivere all’estero può essere un’esperienza bellissima, un modo per mettersi alla prova, scoprire nuove culture, imparare nuove lingue, incontrare persone interessanti, crescere intellettualmente e professionalmente.

Ci sono però degli ostacoli per gli italiani all’estero, che coincidono spesso con abitudini e gusti ormai indimenticabili ed insostituibili.

Situazioni che possono portarti al limite e spingerti a commettere atti criminali, come il contrabbando di sostanze vietate dalla legge.

Salumi, formaggi, vini, olii, snack, nascosti tra i vestiti o in doppifondi appositamente creati nella valigia per essere riempiti di sogni, ricordi, sapori ed odori di casa.

Questi comportamenti illegali però presto presentano il conto: prima o poi gli ufficiali della dogana ti scoprono, e non c’è niente di peggio che assistere alle conseguenze delle proprie azioni.

Immagina la tua valigia aperta sul bancone del doganiere, svuotata dei tuoi averi, scrutata in ogni sua parte. Tu sei lì inerme, il doganiere trova il caciocavallo che ti ha regalato tua nonna, il salame piccante portato da tua zia direttamente dalla Calabria, il pezzo di prosciutto accuratamente incellophanato che non vedevi l’ora di affettare con gli amici ed innaffiare di vino rosso.

Una lacrima scende, per la consapevolezza che non vedrai più quelle proteine e quei grassi che fanno la felicità tua e dei tuoi commensali della domenica.

Il doganiere prende i prodotti con una faccia schifata, li odora l’ultima volta e li getta direttamente nel cestino. Istintivamente tu ti avvicini al bidone, allungando un braccio per toccarli un’ultima volta. Vieni allontanato e ti viene consegnato un foglio, una multa o un avvertimento, l’unico ricordo di quei prodotti afrodisiaci.

L’unica cosa che riesci a pronunciare è un flebile “scusa”, rivolto ovviamente a tua nonna, perché sai che dovrai mentirle al telefono e dirle che il caciocavallo era buonissimo, o il suo cuore potrebbe non reggere.

È la storia del nostro pentito, distrutto dall’incapacità di fermarsi e di rispettare la legge, abbattuto dal solo pensiero di dover rinunciare ai festini a base di etichette DOP, IGP e DOCG, e allo stesso tempo mangiato dentro dai sensi di colpa.

È la storia di un pentito ma, in fondo, è la storia di tutti noi.