Ciao Filippus,

vorrei dirti così tante cose, che non so neanche da dove cominciare. Forse da quella più facile, più scontata: oggi ti ho pensato tanto.

Ho pensato a tante volte in cui ci siamo visti, da quel primo evento in ambasciata, fino al nostro ultimo incontro al Gala della Camera di Commercio, quando ti ho chiamato sul palco per una breve comparsata. Quel nostro ultimo abbraccio, che porterò sempre con me.

I ricordi poi si sono accavallati, saltando da un anno all’altro, eventi seri come una cena giapponese a Chongqing, o più ridicoli come quella volta che ti sei dovuto giustificare con un collega dell’ambasciata francese al posto mio, perché ti ho salutato urlando mentre sfrecciavo in motorino di fronte Da Giuliano con un pacco di carta igienica formato famiglia sotto braccio.

Poi la memoria è corsa ad un dettaglio: tu, alla tua festa d’addio anni fa, con una chitarra in mano a cantare “Beijing, Beijing”, che non avevo mai sentito prima di all’ora ed adesso è fissa nel mio repertorio da KTV e che mi fa pensare a te ogni volta.

Ti ho scritto tante volte negli ultimi mesi, spesso per tenerti aggiornato sulle mie corse, perché in quelle imprese che sentivo al di fuori delle mie capacità, pensavo a te. Un po’ perché le tue doti da sportivo son sempre state per me fonte di ispirazione, un po’ perché sapendo che eri relegato in casa, volevo farti vivere le emozioni che hai provato sicuramente in passato. Tant’è che a novembre mi hai proprio scritto “purtroppo non credo di poter più correre maratone in futuro. Corrile tu anche per me”. E sono soprattutto felice di aver potuto correre la mezza di Angkor Wat, che mi avevi confessato essere un tuo sogno da sempre e di cui ti ho potuto raccontare la mattina di Natale.

Ogni volta che ci sentivamo mi dicevi che stavi un po’ meglio ed io, forse ingenuamente, ho pensato che ti saresti rimesso presto in sesto.

Potrei scrivere ancora 10mila aneddoti o pensieri, o piccole frasi che ci siamo scambiati negli anni, ma forse non è questo il luogo o il momento. Volevo dirti solamente che domani andrò a recuperare la mia prima bici da corsa, un discorso che io e te avevamo iniziato in quel lontano 2013 in cui volevo seguirti nei tuoi allenamenti del sabato mattina sulle montagne pechinesi. Ma soprattutto, volevo dirti che sono fiero di poterti chiamare “amico” e di aver condiviso con te tante piccole cose.

Filippus, sei stato e sei ancora per me un esempio da seguire e sarai sempre a fianco a me nelle mie future corse. Ti immaginavo correre il più lungo Iron Man di sempre, pensando che un giorno lo avresti completato stanco ma felice. E forse è stato proprio così, ma a noi che restiamo qui, non può che assalirci una grande tristezza.

In qualche modo ti immagino a guardarci dall’alto col tuo bel sorriso sulle labbra e a sfrecciare in bici tra le nuvole. E io non posso che dirti ciò che ti ho detto in questo ultimo anno: dacci dentro, che sei IronMan.

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Ieri, 15 gennaio 2020, è venuto a mancare Filippo Nicosia. Caro amico, grande atleta, incredibile console e, più di tutto, fantastica persona.

Il mio pensiero va alla sua famiglia, che non ho avuto modo di raggiungere e per questo chiedo un favore a chiunque conoscesse Filippo e i suoi parenti: fategli avere questo messaggio, ve ne sarò grato.