Daria Impiombato è Research Intern presso l’Australian Strategic Policy Institute e ha collaborato alla redazione dell’ultimo report dell’istituto sulle due app cinesi più chiacchierate del momento.

Ho conosciuto Daria durante i miei anni di studio alla UIBE di Pechino. Ogni tanto succedeva di vedersi per caso al bar del campus, dove tutti gli studenti si ritrovavano per un caffè al volo prima di riprendere le lezioni.

Già allora nel bar del campus gli studenti pagavano tutti con WeChat, app entrata nelle vite di tutti, proprio tutti gli stranieri a Pechino. Tiktok anche iniziava a fare capolino nel mondo incredibilmente vario dei social network cinesi, con il nome di musical.ly.

Dopo qualche anno ci siamo reincontrati online, divisi da migliaia di chilometri, per discutere delle piattaforme social cinesi, dei pericoli che nascondono e del ruolo sempre più importante che ricoprono nel mercato globale.

Daria ora collabora con ASPI, uno dei think tank Australiani più influenti, e studia, tra le altre cose, il modo in cui funzionano i social cinesi. Su questo blog parliamo da sempre di internet in Cina, di WeChat, di guerre a colpi di dati tra occidente ed oriente.

L’ultimo report di ASPI su WeChat e Tiktok, in un contesto abbastanza confuso di notizie superficiali e decisioni politiche avventate, è stata l’occasione perfetta per rimetterci in contatto e confrontarci su un argomento tanto delicato quanto importante.

Ho deciso quindi di intervistarla, dopo aver letto il report, per provare a mettere insieme gli elementi più controversi dell’avvento cinese nel mercato social internazionale.

Censura o cultura?

Le due app cinesi sono notoriamente isolate dalla loro versione “Mainland China”. WeChat International è diversa da Weixin, Tiktok è diversa da Douyin, ma sono due facce delle stesse medaglie. Le aziende hanno sviluppato appositamente app differenti per il mercato cinese e per il mercato internazionale, per isolare i contenuti e avere maggior controllo sulle app in patria.

In questo modo si rendono i contenuti più internazionali e si può evitare di applicare le stesse regole, perlopiù restrittive, anche sui contenuti degli utenti che si trovano fuori dai confini cinesi. L’altro vantaggio è il fatto di poter difendere il mercato cinese da possibili attacchi di propaganda politica.

Ma come si comportano invece le versioni internazionali riguardo contenuti sensibili?

Da quanto emerge dal report, molte delle guidelines che regolano i contenuti pubblicati sulle app “global” ricalcano quelle dettate dal PCC, adattandosi più che ad un mercato internazionale, alle pratiche già in essere all’interno della Repubblica Popolare.

Sia su Tiktok che su WeChat, contenuti riguardanti temi sensibili come i diritti civili, proteste antigovernative, diritti LGBT, elezioni etc., vengono gestiti e talvolta censurati secondo criteri che in Cina sembrerebbero scontati, ma che fanno sollevare non pochi dubbi all’estero.

Si tratta di una caratteristica comune a molte aziende cinesi con respiro internazionale. Nonostante la loro presenza ormai affermata sui mercati esteri, le aziende cinesi faticano ad adattarsi ad un mercato libero e sono ancora molto legate a dinamiche interne alla CIna.

È un modo, molto cinese, di esportare i propri modelli attraverso le proprie aziende, o una difficoltà oggettiva ad adattarsi ai mercati internazionali e alla cultura democratica e liberale?

Privacy e dati

Tiktok e WeChat raccolgono un’infinità di dati degli utenti internazionali, che in totale sono nell’ordine delle centinaia di milioni.

Questi dati sono gestiti da compagnie cinesi, con server e algoritmi proprietari, che ne fanno quello che vogliono. ASPI ha tentato di analizzare il percorso che questi dati fanno e come vengono utilizzati per fornire contenuti piacevoli per i singoli utenti.

L’aspetto legato alla privacy e alla sicurezza è forse quello che più sta a cuore al Presidente americano e alle nazioni occidentali, poiché potrebbe avere delle implicazioni piuttosto serie: come vengono utilizzati i dati degli utenti? Vengono condivisi con il governo cinese? Possono essere utilizzati in futuro per fare propaganda politica o addirittura per negare l’ingresso a qualcuno in Cina?

Poche regole, ma per tutti

Al momento gli utenti cinesi che si trovano in patria non possono accedere a piattaforme social occidentali, se non con l’ausilio di un VPN. Il Great Firewall ha creato il più grande ecosistema web indipendente al mondo, con regole molto restrittive sui contenuti e scarsa libertà per gli utenti.

Il mercato internazionale del web è invece sostanzialmente libero, le regole sono poche e gestite più che dai governi, dalle stesse aziende private che amministrano le piattaforme. Abbiamo tutti assistitito alle controversie che questo tipo di gestione fa sorgere.

Mai come ora si sente il bisogno di un intervento dei governi nella gestione dei contenuti sempre più invasivi che il web mette a disposizione. D’altra parte sembrano necessarie tutele e protezioni rispetto ai dati che le piattaforme raccolgono e a come vengono utilizzati.

Le app cinesi sulla scena internazionale sollevano ulteriori dubbi su come gestire la situazione e pongono ulteriori sfide.

Chi ragiona di pancia vorrebbe bloccare l’avanzata cinese e ottenere due piccioni con una fava: meno concorrenza per le piattaforme occidentali, meno propaganda da parte della Cina.

Agendo in questo modo però vengono minate le stesse fondamenta che hanno portato al successo del web in occidente: mercato libero, libertà di parola, libertà di pensiero.

Si sente il bisogno di una regolamentazione leggera e comprensibile, che coinvolga tutte le piattaforme nello stesso modo e che imponga una certa trasparenza su algoritmi utilizzati, censura e trattamento dei dati.

Le regole devono essere uguali per tutti, o si rischia di andare nella stessa direzione di chi diciamo di voler combattere.

Per scaricare il report completo clicca qui.

Tu che ne pensi della questione Tiktok? Usi WeChat?